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Con la sentenza del 21 marzo 2018, n. 13111 (ud. 30 ottobre 2017) la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che il sequestro preventivo sui beni dell’indagato, poi condannato per reati tributari, continua ad essere efficace anche qualora i beni oggetto della misura cautelare reale siano finiti nella disponibilità della figlia attraverso una cessione simulata. A tale proposito, la Suprema Corte ha valorizzato la circostanza per cui la ricorrente «non era rimasta affatto neutrale rispetto al compimento dell’atto simulato, del quali anzi ella era stata controparte negoziale nell’ambito di un’operazione contraddistinta da molteplici aspetti “anomali”, non consistiti solo nello stretto legame interpersonale tra i contraenti, ma anche e soprattutto nella regolamentazione del corrispettivo, rivelatosi troppo modesto, costituendo altresì ulteriore sintomo della natura simulata dell’atto la circostanza che la ricorrente aveva omesso ogni dichiarazione del reddito al Fisco». Né, a fronte di tali elementi, la ricorrente «ha adempiuto all’onere di allegazione sia rispetto alla rivendicata connotazione liberale dell’atto […] sia in ordine alla propria asserita buona fede, intesa come non conoscibilità, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, del rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato commesso dal condannato».