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La Corte Costituzionale, con sentenza del 31 maggio 2018 (p.u. del 10 aprile 2018), n. 115, ha definitivamente concluso la vicenda giudiziaria iniziata nel 2015 con il noto caso Taricco, in occasione del quale la Grande Camera della Corte di Giustizia europea ha elaborato la c.d. “regola Taricco” in forza della quale il giudice nazionale, in virtù della disposizione di cui all’art.325 TFUE, deve disapplicare la disciplina ex artt. 160, co. III, e 161, co. II, c.p. in materia di prescrizione allorquando ne derivi la sistematica impunità delle gravi frodi fiscali in danno degli interessi finanziari dell’Unione europea.
In seguito ad un lungo e faticoso “braccio di ferro” con la Corte sovrannazionale, la Consulta ha infine precisato che «indipendentemente dalla collocazione dei fatti, prima o dopo l’8 settembre 2015, il giudice comune non può applicare loro la «regola Taricco», perché essa è in contrasto con il principio di determinatezza in materia penale, consacrato dall’art. 25, secondo comma, Cost.». A tal proposito, la Corte Costituzionale valorizza, ancora una volta, la natura sostanziale dell’istituto della prescrizione e, pertanto, la sua riconducibilità «nell’alveo del principio di legalità penale sostanziale enunciato dall’art. 25, secondo comma Cost. con formula di particolare ampiezza. (...) Ciò posto, appare evidente il deficit di determinatezza che caratterizza, sia l’art. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE (per la parte da cui si evince la “regola Taricco”), sia la “regola Taricco” in sé. Quest’ultima, per la porzione che discende dal paragrafo 1 dell’art. 325 TFUE, è irrimediabilmente indeterminata nella definizione del «numero considerevole di casi» in presenza dei quali può operare, perché il giudice penale non dispone di alcun criterio applicativo della legge che gli consenta di trarre da questo enunciato una regola sufficientemente definita. Né a tale giudice può essere attribuito il compito di perseguire un obiettivo di politica criminale svincolandosi dal governo della legge al quale è invece soggetto (art. 101, secondo comma, Cost.). Ancor prima, è indeterminato l’art. 325 TFUE, per quanto qui interessa, perché il suo testo non permette alla persona di prospettarsi la vigenza della “regola Taricco”». Viene evidenziato, dunque, l’irrimediabile deficit di determinatezza che caratterizza la “regola Taricco” poiché, quand’anche la stessa potesse assumere, grazie al progressivo affinarsi della giurisprudenza europea e nazionale, un contorno meno sfocato, ciò non varrebbe a colmare la sua originaria carenza di precisione. In conclusione, «l’inapplicabilità della “regola Taricco”, secondo quanto riconosciuto dalla sentenza M.A.S., ha la propria fonte non solo nella Costituzione repubblicana, ma nello stesso diritto dell’Unione, sicché ha trovato conferma l’ipotesi tracciata da questa Corte con l’ordinanza n. 24 del 2017, ovvero che non vi sia alcuna ragione di contrasto. Ciò comporta la non fondatezza di tutte le questioni sollevate, perché, a prescindere dagli ulteriori profili di illegittimità costituzionale dedotti, la violazione del principio di determinatezza in materia penale sbarra la strada senza eccezioni all’ingresso della “regola Taricco” nel nostro ordinamento».