Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Le principali novità del progetto di riforma del Codice della Proprietà Industriale in materia brevettuale: il ribaltamento del c.d. “Professor´s Privilege” (di Paolo Virano, Partner di Frignani Virano e Associati, Avvocato in Torino)


L’intervento illustra le principali novità del progetto di riforma del Codice della Proprietà Industriale in materia brevettuale. In tale prospettiva di analisi, l’autore si sofferma su una delle novità più rilevanti, relativa alla disciplina delle invenzioni dei dipendenti di Università ed istituzioni pubbliche di ricerca, avuto riguardo al cd. principio del professor’s privilege, prerogativa tipicamente italiana.

The main innovations of the reform project of the Industrial Property Code on patent matters: the overturning of the so-called “Professor’s Privilege”

The paper illustrates the main innovations of the reform project of the Industrial Property Code in the field of patents. In this perspective of analysis, the author focuses on one of the most relevant innovations, relating to the discipline of the inventions of employees of universities and public research institutions, having regard to the so-called principle of professor’s privilege, a typically Italian prerogative.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Le invenzioni dei dipendenti - 3. Le invenzioni dei lavoratori autonomi e su commessione - 4. Le invenzioni dei ricercatori universitari e degli enti pubblici di ricerca - 5. Il ribaltamento del principio del professor’s privilege - 6. Pro e contro della riforma. Prime osservazioni - 7. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

Lo scorso 6 aprile il Consiglio dei Ministri ha approvato il “Disegno di legge di revisione del D.lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 (Codice della Proprietà industriale – CPI) n. 2631” («d.d.l.»), attualmente (salvo aggiornamenti non noti) sottoposto all’esame del Senato [1]. La riforma si inserisce nel “Piano strategico di riforma del sistema della proprietà industriale per il triennio 2021 – 2023” adottato dal MISE nel giugno 2021 nell’ambito del PNRR e risponde all’invito della Commissione UE a formulare strategie nazionali per migliorare ed incentivare il sistema di protezione ed utilizzo della Proprietà Industriale. In base a quanto previsto dal PNNR, il termine per il conseguimento della riforma è il terzo trimestre del 2023, termine ormai prossimo e non così “comodo” per il nostro legislatore. Volendo sintetizzare quelle che, salvo variazioni dell’ultimo minuto, dovrebbero essere le novità in materia brevettuale che dovrebbero derivare dalla riforma, possiamo enucleare nove punti di intervento. In particolare: 1)  Riforma della disciplina delle invenzioni dei dipendenti di Università ed istituzioni pubbliche di ricerca (art. 3 d.d.l.), che sarà oggetto del presente elaborato; 2)  Introduzione della disciplina degli Uffici di Trasferimento Tecnologico presso Università, enti pubblici di ricerca ed istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (art. 4 d.d.l.); 3)  Semplificazioni e digitalizzazione delle procedure di deposito (artt. 5, 10, 11, 30); 4)  Rafforzamento del controllo preventivo sulle domande di brevetto utili per la difesa dello Stato (art. 6 d.d.l.); 5)  Opponibilità ai terzi che trasferiscono (in tutto e/o in parte) oppure modificano diritti inerenti domande / brevetti europei direttamente per effetto dell’iscrizione nel Registro dei brevetti europei (art. 9 d.d.l.); 6)  Proroga dei termini dei procedimenti presso l’UIBM ed allungamento dei termini per le istanze di reintegrazione (artt. 14 e 15 d.d.l.); 7)  Precisazione del termine finale di durata del brevetto per invenzione industriale e del brevetto per modello di utilità (art. 18 d.d.l.); 8)  Abrogazione delle previsioni inerenti certificati complementari di protezione (art. 19 d.d.l.); 9)  Estensione della rilevanza del rapporto di ricerca di domande [continua ..]


2. Le invenzioni dei dipendenti

Iniziamo con una veloce e superficiale disamina dell’art. 64 CPI che regola le invenzioni dei prestatori di lavoro dipendente. Comunemente si è soliti ripartire le tipologie di invenzioni dei lavoratori dipendenti in tre diverse fattispecie: Le invenzioni di servizio (art. 64, comma 1, CPI), che presuppongono che il datore di lavoro svolga in tutto o in parte l’attività di ricerca inventiva e tale attività sia prevista come oggetto del contratto del lavoratore il quale deve essere specificamente retribuito per tale attività (il lavoratore è assunto per inventare). In tal caso la titolarità dell’invenzione ed i relativi diritti patrimoniali spettano integralmente al datore di lavoro, mentre al dipendente rimarrà solo il diritto morale ad esserne riconosciuto autore. Le invenzioni di azienda (art. 64, comma 2, CPI), che hanno come presupposto che l’invenzione sia realizzata in esecuzione e/o in adempimento di un contratto di lavoro che non abbia ad oggetto l’attività inventiva né preveda una specifica retribuzione per la stessa. La titolarità dell’invenzione ed i diritti patrimoniali, anche in questo caso, spettano al datore di lavoro, ma al dipendente, oltre al diritto morale di esserne riconosciuto autore, spetta anche un equo premio, di natura indennitaria e non retributiva. Le invenzioni occasionali (art. 64, comma 3, CPI), rappresentate da quelle invenzioni realizzate dal dipendente al di fuori del contratto di lavoro pur rientrando nel campo di attività del datore di lavoro. Titolarità e diritti patrimoniali in questo caso spettano al dipendente, mentre il datore di lavoro ha diritto ad un’opzione sull’uso, esclusivo o non esclusivo, dell’invenzione o sull’acquisto del brevetto o sulla facoltà di chiedere od acquisire, per la medesima invenzione, brevetti all’estero verso corresponsione di un canone o un prezzo.


3. Le invenzioni dei lavoratori autonomi e su commessione

Per completare il quadro di riferimento sui diritti inventivi dei lavoratori occorre ricordare come per le invenzioni dei lavoratori autonomi e dei prestatori d’opera su commissione, per consolidata giurisprudenza, i diritti patrimoniali sulle opere di ingegno realizzate su commissione sono ab origine di titolarità del committente se l’attività inventiva è oggetto dell’incarico e/o la “prestazione professionale è intesa dalle parti come funzionale ad uno specifico risultato di natura creativa ed ideativa” [3]. A seguito dell’entrata in vigore del c.d. Jobs Act (l. n. 81/2017) è stata inoltre introdotta una specifica previsione (art. 4) per cui: “Salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata, i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e a invenzioni realizzati nell’esecuzione del contratto stesso spettano al lavoratore autonomo”.


4. Le invenzioni dei ricercatori universitari e degli enti pubblici di ricerca

Vediamo ora, sempre in base alla normativa vigente, quale sia la regolamentazione delle invenzioni dei ricercatori universitari e degli enti pubblici di ricerca (art. 65 CPI). La titolarità, così come i diritti patrimoniali derivanti dalle invenzioni, spettano sempre all’inventore, anche se l’attività di ricerca rientra tra le sue mansioni. L’art. 65 vigente del CPI assegna pertanto, a differenza di quanto accade oggi per i lavoratori dipendenti privati, un privilegio (c.d. “Professor’s privilege”) di non poco conto. Nel caso, abbastanza frequente nella pratica, di invenzioni di equipe, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono a tutti gli inventori in parti uguali (salvo chiaramente non vi siano specifici accordi in deroga). All’ente, datore di lavoro, spetta una quota percentuale di sfruttamento dell’invenzione (non inferiore al 30%), determinabile autonomamente dall’ente purché resti comunque in capo all’inventore almeno il 50% dei proventi di tale sfruttamento. Inoltre, è prevista una licenza automatica, gratuita e non esclusiva (eventualmente trasferibile a terzi), ma solo nel caso in cui l’inventore e/o i suoi aventi causa non abbiano avviato lo sfruttamento industriale del brevetto entro 5 anni dalla sua concessione (a meno che il mancato sfruttamento non derivi da cause indipendenti da volontà dell’inventore). La regola così come descritta trova delle eccezioni nel caso si tratti di enti di ricerca che hanno una struttura di tipo privatistico (come ad esempio possono essere le fondazioni), in tal caso si applica l’art. 64 CPI. Oppure, nel caso di attività svolte nell’ambito di progetti di ricerca finanziati da soggetti privati e/o di attività realizzate nell’ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall’ente cui appartiene il ricercatore. Più nello specifico, come abbiamo visto, quando il rapporto di lavoro intercorre con un’università o con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, è il ricercatore ad essere titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettabile di cui è autore. Dal momento della sua entrata in vigore l’attuale art. 65 CPI ha destato, da una parte, un certo stupore all’estero, specie in Europa, ed [continua ..]


5. Il ribaltamento del principio del professor’s privilege

Il nostro legislatore non è rimasto sordo alle richieste di allineamento della disciplina interna a quella comunitaria ed ha proposto una formulazione del “nuovo” art. 65 CPI [6] che dovrebbe, almeno negli intenti, risolvere alcuni dei problemi poc’anzi delineati. Oltre pertanto al totale ribaltamento del c.d. professor’s privilege, la titolarità dei brevetti non sarà più, infatti, in capo agli inventori (ai quali resta pur sempre il diritto di essere riconosciuti autori), bensì alla struttura a cui gli stessi appartengono, la nuova norma prevede una estensione dell’ambito di applicazione, essendo la nuova disciplina destinata anche agli enti di ricerca no profit aventi struttura privatistica (come ad es. le fondazioni), oltre a definire una “nozione”, o sarebbe meglio dire una precisazione, sul termine ricercatore, che prima mancava. Il d.d.l. prevede infatti l’applica­zione della nuova disciplina anche ai lavoratori a tempo determinato e pone a carico degli enti l’onere di regolamentare le modalità di applicazione ai soggetti che partecipano alle attività di ricerca (inclusi gli studenti ove conseguano risultati inventivi nell’ambito del percorso di laurea e/o di attività di laboratorio) [7]. La riforma introduce poi un temine per la comunicazione del deposito del brevetto e stabilisce le sanzioni in caso di inottemperanza. L’inventore sarà tenuto a comunicare tempestivamente l’oggetto dell’invenzione alla struttura di appartenenza, con onere di quest’ultima di ultimare la valutazione di brevettabilità entro 6 mesi (prorogabili solo se le valutazioni tecniche sono particolarmente complesse) e procedere entro tale termine all’eventuale deposito della domanda di brevetto. Ove l’ente non abbia interesse a tale domanda deve comunicarlo all’inventore (sempre entro lo stesso termine). Da ultimo è bene segnalare che il d.d.l. concede maggior autonomia e maggiori oneri in capo agli enti ai quali sarà rimesso il compito di disciplinare (in autonomia) numerosi aspetti, tra cui: i)   i rapporti con gli inventori e le premialità connesse con l’attività inventiva, pena la perdita del diritto di sfruttamento pieno con riduzione solo al massimo del 30% degli introiti derivanti dallo sfruttamento dell’invenzione; ii) i rapporti con i [continua ..]


6. Pro e contro della riforma. Prime osservazioni

Cercando pertanto di sintetizzare quali potrebbero essere le novità positive che il nuovo articolo 65 CPI andrebbe ad introdurre nel nostro ordinamento, a parte l’allineamento della disciplina italiana a quella europea, che nella maggior parte dei casi, come abbiamo ribadito più volte (ma è questa la novità più importante della riforma!), non prevede un meccanismo analogo a quello del c.d. “Professor’s privilege” previsto dall’attuale art. 65 CPI, possiamo riscontrare un marcato tentativo di incentivare la collaborazione tra enti di ricerca ed imprese, favorendo il trasferimento tecnologico (per il quale il d.d.l., all’art. 3, ha anche previsto la creazione degli Uffici di Trasferimento Tecnologico [8]) e consentendo un’effettiva valorizzazione delle privative, con il concreto utilizzo delle invenzioni. Certamente con l’entrata in vigore della riforma si favorirà l’equiparazione tra inventori dipendenti degli enti di ricerca e gli altri soggetti che hanno titolo a partecipare alle attività di ricerca. Tutto con un ampliamento dell’autonomia degli enti ai quali verrà richiesto, di fatto, di dare maggior importanza e centralità ai regolamenti di gestione della proprietà intellettuale di cui già oggi sono dotate molte Università (v. nota 5). Il nuovo art. 65 presenta però, almeno nella formulazione di riforma oggi prevista, anche qualche aspetto negativo, che il legislatore non ha voluto correggere nonostante fosse stato evidenziato nelle “memorie” presentate in Senato nel luglio 2022 da associazioni di categoria e enti di ricerca [9]. Con la riforma proposta resteranno ancora delle disparità di trattamento tra i ricercatori pubblici e quelli privati, disparità che forse non trovano giustificazione. Le Università e gli enti pubblici di ricerca, infatti, saranno titolari anche dei brevetti sulle invenzioni conseguite al di fuori del rapporto di lavoro, così come i ricercatori pubblici, contrariamente a quanto accade per le invenzioni di servizio e per le invenzioni d’azienda, avranno sempre diritto alla retribuzione oltre al 50 % degli introiti derivanti dallo sfruttamento della loro invenzione. Ci si chiede poi se la scelta di estendere la nuova disciplina anche alla ricerca per conto terzi e di lasciare all’autonomia degli enti disciplinare i [continua ..]


7. Conclusioni

Il disegno di legge di revisione del Codice della Proprietà Industriale ha obiettivi importanti e certamente il solco di riforma tracciato dal Governo risponde almeno ad alcune delle raccomandazioni della Commissione UE. L’allineamento della regolamentazione delle invenzioni dei ricercatori delle Università può dirsi un obiettivo raggiunto (o che sarà raggiunto). Ed il tempo per apportare qualche variazione sul testo del d.d.l. non è ancora scaduto, dando modo di rivedere e correggere quelle parti che sono state oggetto di alcuni commenti critici, tra i quali quelli sopra delineati, alcuni per la verità anche di facile revisione, come ad esempio lo sfruttamento dei segreti anche per i ricercatori pubblici o un maggior allineamento tra il trattamento dei lavoratori pubblici e privati.


NOTE