Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La posizione della giurisprudenza piemontese in tema di assegno divorzile (di Carla Beltramino, Giudice presso la Corte d’Appello di Torino)


L’intervento si pone l’obiettivo di analizzare la posizione della giurisprudenza piemontese in materia di diritto di famiglia, avuto particolare riguardo all’assegno divorzile. In tale contesto, dopo aver illustrato le novità introdotte dalla Suprema Corte con la sentenza n. 11504/2017, l’autore si sofferma sulle recenti pronunce in materia.

The position of Piedmontese jurisprudence on the subject of divorce allowance

The paper aims to analyze the position of Piedmontese jurisprudence on family law, with particular regard to the divorce allowance. Within this context, after having illustrated the innovations introduced by the Supreme Court with Sentence no. 11504/2017, the author analyzes in depth the recent rulings on the matter.

Keywords: family law – divorce allowance – case law

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Il diritto di famiglia rappresenta uno dei settori dell’ordinamento in cui ha rilievo evidente la necessità dell’adeguamento dello ius ai mores, ovvero la necessità che il diritto si evolva e si adegui (ed abbia quindi una rispondenza) all’evoluzione sociale e al sentire collettivo. La sentenza della I sezione civile della Cassazione n. 11504/2017 ha costituito una rivoluzione copernicana ed anche un po’ inaspettata nella placida giurisprudenza sull’assegno divorzile, fondata su una norma che aveva avuto l’ultima modifica nel 1987, e che si riportava anche piuttosto tralatiziamente alle sentenze gemelle a sezioni unite del 29 novembre 1990 (nn. 11490 e 11492); solo pochi mesi prima della sua pubblicazione, diversa Sezione della stessa Corte di Cassazione (ord. 29 settembre 2016, n. 19339) ribadiva che “L’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’adeguatezza o meno dei mezzi del coniuge richiedente alla conservazione del tenore di vita precedente. A tal fine, il giudice del merito può tenere conto della situazione reddituale e patrimoniale della famiglia al momento della cessazione della convivenza, quale elemento induttivo da cui desumere, in via presuntiva, il precedente tenore di vita e può in particolare, in mancanza di prova da parte del richiedente, fare riferimento quale parametro di valutazione del pregresso stile di vita alla documentazione attestante i redditi dell’one­rato”. La sorprendente “sentenza di maggio”, com’è stata definita da un autorevole commentatore, “in un simbolico parallelismo con l’epilogo della nostra monarchia” (cfr. F. Danovi, in Fam. dir., 2018, 374), affermava la natura esclusivamente assistenziale dell’assegno a favore dell’ex coniuge più debole ed era condizionato, quale indefettibile presupposto in ordine all’an debeatur, alla mancanza di mezzi adeguati in capo al coniuge richiedente o comunque all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, da valutarsi non con riguardo al precedente tenore di vita, ma con esclusivo riguardo ad una condizione di indipendenza economica; in presenza dell’autosufficienza economica del coniuge richiedente, l’assegno avrebbe costituito “illegittima locupletazione”; tale impostazione rende pertanto irrilevante, in questa preliminare indagine, la valutazione del pregresso tenore di vita coniugale e l’eventuale sproporzione, anche rilevante, della situazione economica patrimoniale dei coniugi, aspetti che potevano essere presi in considerazione solo ove fosse necessario quantificare un assegno dovuto. La sentenza rispondeva quindi (anche se in modo che è stato da più parti criticato) ad una esigenza reale di adeguare l’assegno di divorzio ad una mutata condizione sociale, lavorativa ed economica dei soggetti [continua..]

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