Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La posizione della giurisprudenza piemontese in tema di assegno di mantenimento (di Daniela Giannone, Giudice presso il Tribunale di Torino)


L’intervento si pone l’obiettivo di analizzare la posizione della giurisprudenza piemontese in materia di diritto di famiglia, avuto particolare riguardo all’assegno di mantenimento. In tale contesto, dopo aver illustrato le differenze fra assegno di mantenimento e assegno divorzile, l’autore si sofferma sulle recenti pronunce in materia.

The position of Piedmontese jurisprudence on the subject of maintenance allowance

The paper aims to analyze the position of Piedmontese jurisprudence on family law, with particular regard to the maintenance allowance. Within this context, after having illustrated the differences between the maintenance allowance anche the divorce allowance, the author analyzes in depth the recent rulings on the matter.

Keywords: family law – maintenance allowance – case law

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La norma di riferimento per il contributo di mantenimento del coniuge nella separazione è l’art. 156 cc. secondo il quale: “Il giudice pronunciando la separazione stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento qualora egli non abbia redditi propri adeguati. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”. Diversamente dall’assegno divorzile sul versante assegno di separazione poco è cambiato dalla riforma del diritto di famiglia – legge n. 151/1975. La giurisprudenza ha pacificamente interpretato il concetto di REDDITI ADEGUATI, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, in quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale in quanto con la separazione il vincolo coniugale permane e non presenta alcuna incompatibilità con la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione. È evidente che il dovere di assistenza abbia una intensità ben diversa dalla solidarietà post-coniugale dell’assegno divorzile e, per la quantificazione, occorre tenere conto anche di numerosi altri fattori, tra i quali la durata del matrimonio, l’esistenza di prove circa il c.d. indirizzo di vita familiare, la suddivisione del lavoro domestico (comprensivo dell’accudimento dei figli) e di quello extra familiare (cfr. ex multiis Cass., n. 25618/2007; Cass., n. 15221/ 2008; sentenza 16 maggio 2017, n. 12196). 1. Siamo entrati così nel vivo della caratteristica della legislazione italiana in materia di crisi matrimoniale che si manifesta nella necessità di un doppio percorso obbligatorio per pervenire alla pronuncia di divorzio: il procedimento di separazione come presupposto salvo alcuni casi – divorzio diretto – (sentenze di condanna contro la persona, tentato omicidio in danno del coniuge o del figlio, matrimonio non consumato), e solo dopo un lasso di tempo (per eventuale ripensamento) e un secondo giudizio per la pronuncia di divorzio dunque due procedimenti sicuramente con lo stesso oggetto quanto all’asse­gnazione della casa coniugale, all’affidamento dei figli e al contributo per i medesimi; la differenza si verifica sotto il profilo economico, si traduce nella diversa natura e presupposti del contributo al mantenimento al coniuge nella separazione e nel divorzio (che potrà definirsi con la determinazione o meno di un assegno divorzile). Devono essere segnalate due sentenze della Cassazione (sez. VI la n. 16405 e la n. 2608/2019) che hanno ritenuto applicabili i criteri di cui all’art 5 l. div. anche alla separazione superando il riferimento al tenore di vita le pronunce [continua..]

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