Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Profili concorsuali della concessione abusiva del credito (di Luciano M. Quattrocchio, Professore Aggregato di Diritto dell’Economia presso l’Università degli Studi di Torino – Dottore Commercialista in Torino. Federica Bellando, Dottore Commercialista.)


L’intervento si pone l’obiettivo di esplorare la questione della responsabilità che può essere addebitata agli intermediari finanziari, nel caso di concessione abusiva di credito ad un’impresa che si trovi in una situazione di dissesto economico, esaminando, in particolare, i connessi profili concorsuali. Dopo alcune considerazioni preliminari sulla normativa di riferimento, gli autori affrontano la materia analizzando le conseguenze civilistiche della concessione abusiva del credito, avuto particolare riguardo alla quantificazione del danno da risarcimento e al risarcimento del danno extracontrattuale.

Bankruptcy profiles of the illegal granting of credit

The paper aims to explore the question of the responsability of the financial intermediaries, in the case of an abusive granting of credit to a company that is in a situation of economic distress, examining, in particular, the related insolvency profiles. After some preliminary considerations on the legislative framework, the authors deal with the matter by analyzing the civil consequences of the abusive granting of credit, with particular regard to the quantification of damages and compensation for non-contractual damage.

Keywords: credit – abusive granting – civil aspects

SOMMARIO:

1. Premessa: il quadro normativo - 2. Le conseguenze civilistiche della concessione abusiva del credito - 3. L’inefficacia delle garanzie rilasciate - 4. La valutazione del merito creditizio nella Composizione della Crisi da Sovraindebitamento


1. Premessa: il quadro normativo

Il presente elaborato si propone di affrontare, nell’ambito dell’indispen­sabile funzione di finanziamento svolta dalle banche nei confronti delle aziende, il delicato tema della responsabilità che può essere addebitata agli intermediari finanziari, nel caso di concessione abusiva di credito ad un’impresa che si trovi in una situazione di dissesto economico, esaminando, in particolare, i connessi profili concorsuali. Comunemente si parla di concessione abusiva del credito nel caso in cui venga concesso un finanziamento ad un’azienda che si trova già in situazione di dissesto, permettendo a quest’ultima di operare, ma ritardando, in tal modo, l’intervento di soluzioni di tipo concorsuale, a tutela dei creditori ed idonee a regolare il dissesto. Molteplici risultano le condotte da parte delle banche che determinano l’ipotesi di abusività: omissione di attività istruttoria e, quindi, di corretta valutazione del rischio del credito; tolleranza di reiterati sconfinamenti, pur nella consapevolezza della decozione del correntista; assistenza finanziaria al fine di ritardare la crisi irreversibile, etc. L’attività di impresa delle banche, come espressamente previsto dall’art. 10 T.U.B., deve necessariamente ispirarsi ai principi di correttezza e lealtà contrattuale, rientranti nel più ampio principio di buona fede. Tale ultimo principio impone alle banche condotte non abusive nell’esercizio dell’attività creditizia. Nello specifico, in relazione all’attività di concessione del credito, il principio di buona fede impone alla banca di svolgere un’attività che non sia lesiva della posizione contrattuale del cliente e dei terzi, né delle imprese concorrenti e dei creditori del cliente medesimo. Infatti, l’attività bancaria, benché di natura privata, risulta essere anche un’attività di interesse pubblico, regolamentata e sottoposta alla vigilanza della Banca d’Italia. Conseguentemente, qualora la banca venga a conoscenza dell’insolvenza del proprio cliente (attraverso le possibilità di acquisire informazioni e di conoscere lo “stato di salute” dei propri debitori) deve richiederne il fallimento o, quantomeno, sospendere l’erogazione dei finanziamenti. In caso contrario, si determina, quanto ai terzi, una violazione del principio del [continua ..]


2. Le conseguenze civilistiche della concessione abusiva del credito

2.1. L’ipotesi di azione da parte del Curatore: la quantificazione del danno da risarcimento Sulla base di quanto in precedenza riferito, nel caso di adesione alla tesi che conferma la legittimazione attiva del curatore fallimentare ad agire, ai sensi degli artt. 146 l.f. e 2393 c.c., nei confronti della banca, quale terzo responsabile, in via solidale, del danno cagionato alla società fallita a seguito del­l’abusivo ricorso al credito da parte del suo amministratore, sorge la necessità di individuare il criterio per la quantificazione del danno stesso. In primo luogo appare necessario evidenziare che, il danno in questione consiste nell’aggravamento del dissesto o nei negativi risultati economici derivanti dalla prosecuzione nell’attività della società; si determina così un danno che si produce in primis sul patrimonio sociale e che ricade indirettamente e indistintamente su tutti i creditori, traducendosi in una diminuita massa attiva posta a loro garanzia e disponibile per il riparto. In tale contesto, il criterio che viene normalmente utilizzato per la determinazione del danno patrimoniale causato dall’illecita prosecuzione dell’attività sociale in seguito alla perdita del capitale sociale è quello della cosiddetta “differenza dei netti patrimoniali”. Tale criterio consiste nella misurazione della differenza tra il patrimonio netto della società al momento in cui gli amministratori avrebbero dovuto accorgersi del verificarsi della causa di scioglimento della stessa ed il patrimonio netto della società al momento della messa in liquidazione. La misura del danno patito sarà pari alla differenza algebrica dei due patrimoni netti, entrambi ovviamente inferiori alla misura del capitale legale. È opportuno sottolineare che la quantificazione del patrimonio netto al momento del verificarsi della causa di scioglimento e al momento della messa in liquidazione deve essere effettuata secondo criteri contabili omogenei. 2.2. L’ipotesi di azione da parte del singolo creditore: risarcimento del danno extracontrattuale Nel caso in cui, invece, venga riconosciuta la tesi che ritiene che il Curatore fallimentare sia carente di legittimazione a proporre, nei confronti della banca finanziatrice, l’azione da illecito aquiliano per il risarcimento dei danni causati ai creditori dall’abusiva concessione di credito che mira a [continua ..]


3. L’inefficacia delle garanzie rilasciate

È frequente il caso in cui la banca, che continua a finanziare un’impresa già in difficoltà finanziaria, se non addirittura di dissesto economico, persegua intenzionalmente l’obiettivo di convertire il proprio credito nei confronti del­l’impresa stessa, relativo a pregressi finanziamenti chirografari, in crediti ipotecari o comunque muniti di garanzie reali equipollenti, precostituendo così un meccanismo di rientro preferenziale dall’esposizione debitoria, in violazione del principio della par condicio creditorum. Sul punto, appare opportuno sottolineare che l’elaborazione giurisprudenziale, anche di legittimità, non ha ancora raggiunto un orientamento unanime in merito alle conseguenze giuridiche della diffusa prassi operativa che prevede il ripianamento di perdite pregresse mediante l’erogazione, da parte della stessa banca creditrice, di un finanziamento di credito ipotecario, spesso fondiario, ex art. 38 T.U.B., anche se, l’orientamento prevalente è quello di riconoscere l’inefficacia delle garanzie rilasciate dalla banca stessa. Nel panorama giurisprudenziale, appare opportuno segnalare l’Ordinanza della Corte di Cassazione 25 luglio 2018, n. 19746 che ha confermato, per i mutui ipotecari stipulati per ristrutturare debiti chirografari preesistenti, l’orientamento secondo il quale il contratto di mutuo risulta perfettamente valido, ma la garanzia ipotecaria rilasciata risulta essere revocabile in quanto concessa per nuovo credito e, pertanto, finalizzata a pregiudicare le concorrenti ragioni degli altri creditori, determinando una violazione della par condicio creditorum. Tale impostazione appare conforme alla giurisprudenza maggioritaria della Cassazione che, dal collegamento di più negozi e dall’illiceità del motivo perseguito, ne fa conseguire la revocabilità della garanzia concessa per nuovo credito la cui erogazione sia finalizzata all’estinzione di credito precedente chirografario. Per conto, la Corte di Cassazione, nella sentenza 14 giugno 2019, n. 16081 si è domandata se l’operazione di concessione da parte della banca di un mutuo ipotecario destinato ad estinguere debiti chirografari pregressi risulti assoggettabile alla mera revocabilità fallimentare oppure se l’operazione risulti nulla, giacché caratterizzata da un’«artificiale mantenimento in vita di [continua ..]


4. La valutazione del merito creditizio nella Composizione della Crisi da Sovraindebitamento