Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Usura bancaria e rispetto delle istruzioni della banca d'Italia. (di Daniele Zaniolo)


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Nel panorama sempre più eterogeneo di pronunce giurisprudenziali in tema di usura c.d. “bancaria”, si segnala una recente decisione del Tribunale di Napoli Nord [1] che s’inserisce nel solco dell’orientamento giurisprudenziale espresso dalla notissima sentenza della Corte di Cassazione n. 46669/11 e che, a ben vedere, ne costituisce una naturale evoluzione. Con la legge n. 108/1996 il legislatore italiano proclamò entusiasticamente di aver finalmente posto fine alle incertezze che fino a quel momento avevano pervaso il delitto di usura, fenomeno socialmente grave e sempre più rilevante perché fonte di reddito della criminalità organizzata. Ma cos’era “usura”? Come poteva avere la certezza di agire nel lecito chi prestava denaro al cospetto di una fattispecie tutta incentrata sulle caratteristiche soggettive quali lo “stato di bisogno” e il relativo approfittamento? Fatti analoghi, cioè operazioni finanziarie con corrispettivi simili erano sovente oggetto di valutazioni difformi da parte di diversi Tribunali o addirittura nell’ambito dello stesso ufficio giudiziario. La casistica offriva un panorama sconcertante per eterogeneità. L’accer­tamento giudiziario era complicato e faticoso, dovendosi addentrare in tematiche, quali quelle dello stato di bisogno e della consapevolezza del medesimo in capo all’imputato; la fattispecie lasciava spazio a interpretazioni discordanti e di conseguenza ad ampie possibilità di difesa. Tutto ciò rendeva poco incisiva l’azione di contrasto della criminalità organizzata. In questo panorama di casistiche giudiziarie, l’usura bancaria costituiva un fenomeno assolutamente marginale e riconducibile alle illecite iniziative di singoli individui. La riforma del 1996, nelle intenzioni del legislatore, avrebbe dovuto posare una pietra tombale sulle incertezze esegetiche perché con la nuova disciplina la legge avrebbe determinato il tasso soglia oltre il quale il prestito era considerato usurario. Da qui la definizione di “usura oggettiva” della nuova fattispecie criminosa, connotata da un parametro oggettivo, appunto, vale a dire il valore aritmetico del massimo tasso d’interesse consentito. A vent’anni di distanza possiamo affermare che le trionfali aspettative del legislatore sono state frustrate dalla pratica giudiziaria a sua volta agevolata, bisogna ammetterlo, dalla formulazione piuttosto infelice della nuove regole. Perciò, paradossalmente, lo scenario d’incertezza giudiziaria si è ancor più accentuato rispetto al passato con l’ulteriore conseguenza che oggi il “fenomeno” giudiziario dell’usura bancaria è in progressivo aumento. Non v’è dubbio che rispetto al passato il numero di denunce per questo reato è notevolmente accresciuto: le [continua..]

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