Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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BRRD, BAIL IN, risoluzione della banca in dissesto, condivisione concorsuale delle perdite (d.lgs. n. 180/2015) (di Bruno Inzitari)


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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Gli aiuti di Stato - 3. Il dissesto o il rischio di dissesto - 4. Il dissesto o il rischio di dissesto: la procedura di risoluzione - 5. Il carattere concorsuale della procedura di risoluzione - 6. L'ente-ponte e la società veicolo - 7. Il provvedimento di cessione e potere di cessione - 8. Il bail in - 9. Il burden sharing: partecipazione dei creditori all'assorbimento delle passività - 10. No creditor worse off, NCWO - 11. Salvaguardie e tutela giurisdizionale - 12. Conclusioni - Note


1. Premessa

All’esigenza di stabilità, il sistema economico e politico degli anni trenta dette risposta attraverso la nazionalizzazione di gran parte del sistema bancario e sino agli anni novanta in una fase di crescita economica difficilmente replicabile, la proprietà pubblica delle banche oggi sostituita da una generale privatizzazione del sistema bancario, ha certamente contribuito a fornire certezze e presidiare la stabilità. In ogni caso attraverso il ricorso di ultima istanza alle risorse pubbliche è stato possibile in passato neutralizzare o limitare le conseguenze pregiudizievoli delle crisi bancarie sulla economia reale. Nel passato in Italia la soluzione alla crisi o al dissesto delle banca è stata prevalentemente trovata attraverso processi di acquisizione e assorbimento dell’istituto in crisi da parte di altre banche. Le politiche di aggregazione attra­verso fusioni societarie, cessioni di attività e passività, acquisto di aziende o rami di aziende, nella cornice dell’azione di supervisione istituzionale della Banca d’Italia (che talora è stata definita quale moral suasion), hanno consentito di scongiurare il precipitare della crisi ed hanno permesso di salvare la continuità dei rapporti attivi e passivi nelle mani di altri operatori bancari in grado, o messi in grado attraverso aiuti pubblici o del sistema di garanzia, di assorbire il dissesto con l’integrazione e la riorganizzazione. Il cambiamento nel ciclo economico, le modificazioni della stessa struttura della azienda bancaria, sempre meno interessata ad occupare il mercato con diffuse reti di sportelli oggi troppo costosi in relazione agli oneri connessi alle strutture ed al personale e soprattutto superati dalla sempre più diffusa utilizzazione dei servizi di home banking, rendono sicuramente più difficili e più incerte tali soluzioni negoziali. Nello stesso tempo la disciplina europea non consente l’erogazione di aiuti pubblici in quanto incompatibile con le regole della concorrenza. La crisi o il dissesto e financo l’insolvenza devono trovare necessariamente una soluzione diversa che consenta il raggiungimento di concorrenti obiettivi: la conservazione in continuità dell’azienda bancaria o almeno di parte di essa, l’assenza al ricorso a fondi pubblici. Di qui la necessità di addossare l’onere delle perdite sugli [continua ..]


2. Gli aiuti di Stato

Le ragioni che hanno condotto alla introduzione della BRRD del 2014 e i successivi decreti nn. 180 e 181/2015, risiedono nella generale e consolidata esperienza comune a tutti i paesi dell’Unione europea per la quale quando la crisi della banca volge al dissesto o al rischio di dissesto [7], in mancanza di una soluzione di mercato [8], quale l’acquisto o la fusione con altri soggetti bancari disponibili alla aggregazione, l’unica alternativa alla liquidazione consiste nella erogazione in varie forme di aiuti pubblici. Tale soluzione è ormai impraticabile per diversi concorrenti motivi. Si ritiene non più sostenibile e fonte di dannose distorsioni, far cadere l’onere dei salvataggi bancari sui contribuenti attraverso l’utilizzazione delle risorse pubbliche. Gli elevati oneri assunti dagli Stati ricadono infatti non solo sui contribuenti ma compromettono l’equilibrio dei bilanci pubblici. Si è detto così che, nel caso in cui sono destinati al risanamento della banca fondi pubblici, citizens have paid twice, with costs of a taxpayer bailout followed by the pain of recession and spending cuts. Inoltre tali interventi non risultano compatibili con le regole della concorrenza stabilite nella disciplina dell’Unione Europea (artt. 101 TFUE e ss.). L’intervento pubblico o bail out, inevitabilmente falsa le regole della concorrenza e finisce addirittura per premiare quegli operatori bancari che non hanno fatto buon uso delle risorse che provenivano dalla raccolta ovvero che hanno avuto un comportamento qualificabile quale moral hazard. L’intervento pubblico comporta una distorsione nel mercato e finisce per dare un sostegno e premiare quelle banche la cui governance ha agito in violazione dei principi della sana e prudente gestione sino a provocarne il dissesto, consentendone una artificiosa permanenza sul mercato in condizioni di ingiustificato vantaggio, con pregiudizio per le posizioni degli altri competitori che affrontano rischi e oneri senza aiuti esterni. La Commissione Europea con la Comunicazione 30 luglio 2013, relativa alla applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria, ha sancito tale impostazione (che ha poi costituito il principio di fondo della direttiva BRRD) affermando il principio secondo cui per [continua ..]


3. Il dissesto o il rischio di dissesto

La direttiva BRRD, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e i d.lgs. nn. 180/2015 e 181/2015, sulla base dei principi da ultimo ribaditi con la citata comunicazione della Commissione Europea del 2013, regolano la crisi della banca attraverso una serie di strumenti che in caso di dissesto sono articolati nella risoluzione e nel bail in. Le previsioni del d.lgs. n. 180/2015, pongono mano al risanamento ed alla risoluzione (recovery and resolution) attraverso procedure di intervento del­l’autorità di risoluzione (la Banca d’Italia) che si articolano secondo una progressione di provvedimenti e rimedi variamenti dimensionati rispetto agli obiettivi concretamente perseguibili. Il dissesto o il rischio di dissesto della banca costituiscono il primo presupposto. Si tratta di una nuova categoria che si differenzia da quella più generica di crisi, né coincide con quella della insolvenza che si manifesta in una banca solo in presenza di un dissesto particolarmente grave. L’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 180/2015, identifica il dissesto nella ricorrenza, anche in via alternativa di: a) irregolarità nell’amministrazione o violazione di disposizioni legislative, regolamentari oppure statutarie di gravità tale che giustificherebbero la revoca dell’autorizzazione all’esercizio della attività bancaria; b) perdite patrimoniali di eccezionale gravità e tali da privare la banca dell’intero patrimonio o di parte significativa di esso; c) attività inferiori alle passività; d) incapacità di pagare i creditori alla scadenza. Il grave deterioramento del patrimonio oppure le gravi irregolarità della amministrazione (elementi questi che nella comune esperienza difficilmente si manifestano separatamente) sono quindi i presupposti che caratterizzano il dissesto. Quando invece si prevede che tali situazioni si possano verificare in un prossimo futuro la banca è considerata a rischio di dissesto. La banca viene considerata inoltre in dissesto o a rischio di dissesto allorquando, sebbene la situazione di crisi non sia tale da comportare la necessità di porre rimedio ad una grave perturbazione dell’economia e di preservare la stabilità finanziaria, venga comunque prevista l’erogazione di un sostegno [continua ..]


4. Il dissesto o il rischio di dissesto: la procedura di risoluzione

Nel caso in cui la riduzione e la conversione previste dall’art. 20, comma 1 lett. a), d.lgs. n. 180/2015, non consentano di rimediare allo stato di dissesto o al rischio di dissesto, tale obiettivo, secondo quanto previsto dallo stesso art. 20, lett. b), potrà essere perseguito attraverso la procedura di risoluzione. Con l’apertura della procedura di risoluzione disposta dalla Banca d’Italia, decadono gli organi di amministrazione e controllo dell’ente sottoposto a risoluzione, sono sospesi tutti i diritti corporativi e patrimoniali dei soci, vengono nominati dall’autorità di risoluzione uno o più commissari speciali (unitamente ad un comitato di sorveglianza), con poteri di rappresentanza dell’ente e di promozione ed attuazione degli atti e delle misure necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione (artt. 34 e 35, d.lgs. n. 180/2015). Va considerato peraltro che, secondo quanto disposto dall’art. 32 comma 1, n. 5), d.lgs. n. 180/2015, la Banca d’Italia potrebbe disporre la permanenza nella carica dei componenti dell’organo di amministrazione e di controllo o dell’alta dirigenza. Tale soluzione, ai sensi del comma 1 dell’art. 22, d.lgs. n. 180/2015, può essere adottata nel caso in cui sia ritenuta necessaria per conseguire gli obiettivi della risoluzione. La lettura delle disposizioni mostra come la risoluzione sia una procedura del tutto nuova che si differenzia nella portata ed incidenza sia da quelle previste nel testo unico bancario (amministrazione straordinaria, liquidazione coatta amministrativa) che dal fallimento, e dall’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, come pure da qualsiasi altro procedimento di amministrazione giudiziale o di commissariamento. La risoluzione si caratterizza infatti quale procedura, deputata alla realizzazione nel più breve tempo possibile della ristrutturazione del patrimonio e degli assetti della banca, secondo il programma di risoluzionepredisposto dalla Banca d’Italia. L’attuazione del programma di risoluzione viene realizzato (sulla base delle modalità stabilite dall’art. 34, d.lgs. n. 180/2015), indirettamente dalla Banca d’Italia attraverso la sua esecuzione da parte di commissari speciali. L’autorità di risoluzione nomina i commissari speciali ed assegna loro compiti che sono [continua ..]


5. Il carattere concorsuale della procedura di risoluzione

La procedura di risoluzione si apre con il provvedimento di avvio della risoluzione. Questo segna l’inizio di un procedimento volto a sottoporre il patrimonio dell’ente sopposto a risoluzione a diverse articolate misure, dirette a realizzare la migliore tutela dei creditori, attuando la immediata distribuzione della perdita tra questi secondo criteri concorsuali. L’avvio della procedura comporta l’assoggettamento dell’ente sottoposto a risoluzione ai poteri della Banca d’Italia quale autorità di risoluzione. Tali effetti sono riconducibili ad un vero e proprio spossessamento: viene meno ogni potere decisionale dell’assemblea, si verifica la decadenza degli organi di amministrazione e controllo e dell’alta dirigenza, i commissari assumono la rappresentanza legale, i poteri dell’assemblea e dell’organo di amministrazione e di controllo e danno attuazione alle misure necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione, sulla base di quanto disposto dalla Banca d’Italia (art. 37, comma 1, d.lgs. n. 180/2015). Mentre la riduzione e la conversione disposte dalla Banca d’Italia danno luogo alla ricostruzione dell’equilibrio del patrimonio attraverso azioni volte a nettarlo dalle passività, le azioni recuperatorie esercitate dai commissari speciali, quali l’azione di responsabilità sociale e dei creditori e le azioni revocatorie, sono dirette al rafforzamento del patrimonio. Ai commissari viene infatti riconosciuta (art 35, d.lgs. n. 180/2015), non solo la legittimazione che spetta ai commissari straordinari nella procedura di amministrazione straordinaria a promuovere l’azione sociale di responsabilità contro i membri degli organi di amministrazione e di controllo, ma viene attribuita anche la legittimazione, che spetta al curatore e al commissario liquidatore, a promuovere l’azione dei creditori sociali, nonché l’azione del creditore sociale contro la società e l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento [17]. L’esercizio di tali azioni nello stesso tempo assolve alla funzione di riequilibrare il danno subito dalla società e dai creditori sociali per il comportamento pregiudizievole degli organi di amministrazione e controllo o degli enti che esercitavano attività di direzione e controllo, come pure per il depauperamento [continua ..]


6. L'ente-ponte e la società veicolo

Come già detto, l’assorbimento delle perdite, attraverso la riduzione e la conversione, può risultare non sufficiente a consentire il superamento del dissesto. Di qui la necessità di dare contestualmente corso alle misure di risoluzione stabilite dall’art. 39, d.lgs. n. 180/2015. Queste sono alternativamente o cumulativamente applicabili e consistono nella cessione di beni e rapporti giuridici a un soggetto terzo, a un ente-ponte, a una società veicolo e nella applicazione del bail in. Abbiamo visto che la Banca d’Italia sulla base della valutazione predispone il programma di risoluzione e attraverso l’applicazione delle diverse misure, effettua una operazione di scomposizione e ricomposizione delle risorse aziendali. In questo modo l’autorità di risoluzione, utilizzando i beni e rapporti giuridici attivi e passivi del patrimonio del precedente ente sottoposto a risolu­zione, viene a formare il patrimonio aziendale di un nuovo ente. Le operazioni di riduzione e conversione effettuate consentono di dotare il nuovo ente di un patrimonio in equilibrio, in modo tale che esso sia idoneo allo svolgimento dell’attività bancarie [18]. Una volta assorbite le perdite, le misure di risoluzione previste dall’art. 39, d.lgs. n. 180/2015, offrono le condizioni per la prosecuzione della gestione dell’azienda o delle parti di essa ritenute idonee ad una prosecuzione dell’attività, aprendo la strada, quindi, al superamento del dissesto. Al fine di realizzare una definitiva separazione e distacco dalle vicende patrimoniali ed anche reputazionali del precedente ente sottoposto a risoluzione, l’attività bancaria può essere condotta da un nuovo soggetto [19]. La cessione di beni e rapporti giuridici ad un soggetto terzo o ad un ente-ponte o a una società veicolo per la gestione delle attività, sono strumenti attraverso i quali si realizza la complessiva ingegneria di risoluzione. L’ente-ponte viene costituito con una funzione meramente strumentale di gestione di beni e rapporti giuridici e di mantenimento della continuità delle funzioni essenziali precedentemente svolte dall’ente sottoposto a risoluzione, al fine di consentire la successiva collocazione sul mercato dell’azienda bancaria attraverso la cessione a terzi delle partecipazioni al [continua ..]


7. Il provvedimento di cessione e potere di cessione

L’espressione cessione di cui agli artt. 39-47, d.lgs. n. 180/2015, comprende nello stesso tempo il trasferimento dei diritti di credito, dei diritti reali o rapporti giuridici attivi e passivi, ma comprende anche il potere della Banca d’Italia di disporre autonomamente ed unilateralmente tali trasferimenti e di conformarne le dimensioni, il contenuto, la portata e tutte le modalità e financo gli effetti. Il trasferimento è dunque l’atto dispositivo della autorità di risoluzione con cui si realizza la separazione e il definitivo distacco di quelle parti del patrimonio – vale a dire dei beni e dei rapporti giuridici attivi e passivi – destinate a trovare continuità nel mercato rispetto a quelle parti che hanno subito la riduzione o che comunque non sono suscettibili di ulteriore continuità. Il trasferimento di beni e diritti non discende dalle volontà negoziali del cedente e del cessionario, che la legge stessa stabilisce che non siano richieste. L’art. 47, comma 2, d.lgs. n. 180/2015, prevede espressamente che le cessioni non richiedono il consenso di soggetti diversi dal cessionario. Il trasferimento è il frutto del solo esercizio di un potere riconosciuto alla Banca d’Italia di disporre di tutte le risorse che dopo l’assorbimento delle perdite, risultino nel patrimonio dell’originario ente sottoposto a risoluzione. Essa ne dispone mediante un atto di attribuzione patrimoniale, definito provvedimento di cessione, ad un soggetto terzo o all’ente-ponte. Si tratta quindi di un trasferimento di beni e rapporti giuridici che viene realizzato per effetto dell’esercizio di un potere di cessione sui generis, di diritto speciale. L’art. 39, d.lgs. n. 180/2015, nello stabilire le diverse misure di risoluzione, determina le modalità che devono essere rispettate e le finalità che devono essere perseguite dall’autorità di risoluzione nell’esercitare il potere di cessione. A seconda del soggetto destinatario della cessione, il trasferimento di beni rapporti giuridici, che viene realizzato con la cessione, a cessione realizza, risulta di volta in volta espressione di una operazione sostanzialmente diversa. Se il destinatario della cessione è un soggetto terzo, le azioni, le partecipazioni, tutti i diritti, le attività e le passività vengono scambiate contro un corrispettivo che [continua ..]


8. Il bail in

L’applicazione della misura del bail in di cui all’art 48, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 180/2015, può risultare risolutiva quando l’assorbimento delle perdite costituisce misura sufficiente a prospettare il risanamento della banca sottoposta a risoluzione. In questo caso l’obiettivo del risanamento viene raggiunto nel momento in cui l’assorbimento delle perdite consente di ripristinare il patrimonio del soggetto sottoposto a risoluzione nella misura necessaria al rispetto dei requisiti prudenziali e idonea a ristabilire la fiducia del mercato [25]. La riduzione del valore delle passività cedute o la conversione delle passività in capitale, realizzate attraverso il bail in è anche funzionale alla creazione delle condizioni per gli ulteriori interventi previsti dall’art. 48, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 180/2015. Questi potranno essere realizzati da parte di coloro che saranno i destinatari finali della cessione, vale a dire i soggetti di cui al­l’art. 39, d.lgs. n. 180/2015. Sulla base della valutazione, effettuata ai sensi degli artt. 23 e ss., d.lgs. n. 180/2015, l’importo del bail in deve essere tale da consentire almeno per un anno il rispetto dei requisiti prudenziali ed idoneo a ristabilire nel mercato una fiducia sufficiente nei confronti dell’ente sottoposto a risoluzione (art. 51, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 180/2015). Inoltre deve essere tenuto conto dell’e­ventuale contributo del fondo di risoluzione (art. 51, comma 1, lett. c), d.lgs. 180/2015). Nel caso in cui venga applicata anche la misura della cessione ad una società veicolo delle attività, deve anche essere effettuata una prudente stima del fabbisogno di capitale della stessa società veicolo (art. 51, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 180/2015). L’assorbimento delle perdite attraverso il bail in avviene nell’ordine progressivamente correlato al diverso grado di rischiosità della posizione creditoria, sulla base di quanto indicato dall’art. 52, d.lgs. n. 180/2015. Fino alla concorrenza delle perdite può essere disposta la riduzione delle riserve, delle azioni ordinarie, degli strumenti ibridi, delle obbligazioni subordinate, delle obbligazioni non subordinate (senior), dei depositi [26]. Sono escluse dall’applicazione del bail in le passività indicate [continua ..]


9. Il burden sharing: partecipazione dei creditori all'assorbimento delle passività

Dal complesso della disciplina introdotta con il decreto n. 180 /2016 e dalla natura delle misure di risoluzione emerge che le modalità attraverso le quali vengono affrontate, regolate e risolte le situazione di crisi, quali quelle di incapienza patrimoniale e di insolvenza, risultano diverse e possono apparire addirittura opposte rispetto a quelle con le quali nella tradizione di diritto civile e fallimentare viene regolata la responsabilità del debitore. Le procedure esecutive individuali e concorsuali sono gli strumenti con cui viene realizzata la soddisfazione del credito, la quale in caso di insolvenza avviene parzialmente e nella misura della percentuale che deriva dal concorso dei creditori, salvo incrementi dell’attivo conseguenti all’utile esercizio di revocatorie e azioni di responsabilità oppure ad esiti particolarmente positivi della liquidazione. La perdita e la determinazione dell’ammontare della perdita che derivano dalla crisi del debitore e dalla sua insolvenza si determinano nel diritto comune con il riparto di quanto ricavato dalla liquidazione del patrimonio. La regola della responsabilità patrimoniale, secondo cui il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.) viene attuata attraverso la conversione in moneta corrente di tutti gli elementi che compongono il patrimonio. La Versielberung del patrimonio consente infatti di trasformare beni materiali o immateriali nell’equivalente costituito dalla liquidità monetaria destinata a risarcire i creditori per l’inadempimento da essi subìto, in misura proporzionale ai rispettivi crediti, attraverso l’assegnazione delle somme effettuate nel rispetto ed in attuazione del principio del concorso. Secondo il sistema di tradizione romanistica, che tuttora informa la generalità degli ordinamenti giuridici, la garanzia patrimoniale viene realizzata con lo scioglimento totale del patrimonio nel suo valore complessivo e funzionale alla ripartizione tra i creditori concorrenti. Conseguentemente, in caso di insufficienza del patrimonio del debitore, la perdita per i creditori è costituita da quella complessiva parte dei crediti, che la conversione del patrimonio in moneta corrente non è stata in grado di coprire o, se si vuole usare una espressione del nuovo sistema della risoluzione, di assorbire. In conclusione, la perdita subita dai [continua ..]


10. No creditor worse off, NCWO

Come già anticipato la correttezza del procedimento di assorbimento delle passività e di distribuzione delle perdite sui creditori è garantita dalla previsione del principio cardine diffusamente definito nel jargon quale no creditor worse off, (NCWO), affermato diffusamente nel decreto n. 180/2015. Il principio è stabilito dall’art. 52, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 180/2015, il quale in materia di procedura di bail in delinea le regole per il trattamento degli azionisti e dei creditori. Lo stesso è confermato nel Titolo VI, Salvaguardie e tutela giuridisdizionale, all’art. 87, comma 1, d.lgs. n. 180/2105, ove si afferma che in caso di applicazione del bail in, gli azionisti e i creditori, i cui crediti siano stati ridotti o convertiti, non possono subire perdite maggiori di quelle che avrebbero subito se l’ente sottoposto a risoluzione fosse stato liquidato nel momento in cui è stata accertata la sussistenza dei presupposti per l’avvio della risoluzione. Lo stesso art. 87, comma 2, d.lgs. n. 180/2015, prevede l’estensione dello stesso principio all’ipotesi in cui sia stata effettuata la cessione parziale dei diritti, attività o passività dell’ente sottoposto a risoluzione, stabilendo in questo caso che gli azionisti ed i creditori che non sono stati ceduti non debbano subire un trattamento peggiore di quello che avrebbero ottenuto se l’ente fosse stato liquidato. La valutazione [30] che, come già descritto, deve precedere e che costituisce il presupposto per l’avvio della risoluzione o la riduzione o conversione di azioni di altre partecipazioni o strumenti di capitale (art. 23, d.lgs. n. 130/2015), fornisce all’autorità di risoluzione diversi elementi idonei a giustificare i predetti interventi. Gli stessi sono ricavabili dalle disposizioni contenute all’art. 24, comma 1, d.lgs. n. 180/2015 ed, in coerenza con la natura e finalità della procedura, consistono: 1) nella determinazione quantitativa dell’entità della riduzione e conversione necessaria a coprire le perdite per assicurare il rispetto dei requisiti prudenziali e conseguentemente; 2) nella identificazione delle diverse categorie di azionisti e creditori sui quali, in conformità con il rispettivo ordine di priorità applicabili in sede concorsuale, ricade il [continua ..]


11. Salvaguardie e tutela giurisdizionale

La tutela giurisdizionale contro gli atti relativi alla misure di gestione della crisi spetta, secondo quanto stabilito all’art. 95, d.lgs. n. 180/2015, al giudice amministrativo ed alle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti adottati ai sensi del d.lgs. n. 180/2015, si applicano gli artt. 119, 128, 133, 135 del Codice del processo amministrativo. L’esigenza di assicurare rapidità, certezza ed effettività alle procedure di risoluzione, viene garantita dalla significativa e sostanzialmente assorbente limitazione delle possibilità di sospensione del provvedimento da parte del giudice amministrativo. Infatti l’art. 95, comma 2, d.lgs. n. 180/2015, stabilisce una generale presunzione di contrarietà all’interesse pubblico della sospensione dei provvedimenti della Banca d’Italia o del Ministero dell’Economia, che potrebbe essere vinta (trattandosi almeno astrattamente di una presunzione semplice), solo con una prova contraria la quale in realtà appare assai difficilmente ipotizzabile e dimostrabile, considerato che l’intera procedura di risoluzione assolve e realizza un interesse pubblico alla stabilità ed alla tutela, anche costituzionalmente garantita, del risparmio (art. 47 Cost.). [31] L’attuazione della procedura di risoluzione si articola in atti dell’autorità di risoluzione. Questi a loro volta sono accompagnati da diversi atti di autonomia privata che vengono a realizzati con l’intervento attivo di altri operatori, destinatari diretti o indiretti delle misure di cessione di cui all’art. 39, d.lgs. n. 180/2015. Di qui la necessità della previsione di principi che possano assicurare la definitività delle misure adottate nella procedura. L’esito della procedura dipende infatti dall’affidamento che i terzi potranno avere circa l’incontestabilità e l’incontrovertibilità delle diverse misure di risoluzione adottate. Essa viene assicurata dalla previsione del comma 2 dell’art. 95, d.lgs. n. 180/2015, secondo cui l’eventuale annullamento dei provvedimenti relativi alle misure di gestione della crisi lascia impregiudicati sia gli atti amministrativi adottati, sia i negozi posti in essere dalla Banca d’Italia o dai commissari, sulla base del provvedimenti annullati. Questo risultato viene raggiunto con l’attribuzione al giudice amministrativo del compito di [continua ..]


12. Conclusioni

Nei paragrafi precedenti sono state rappresentate le principali innovazioni introdotte in Italia con il recepimento delle BRRD per la risoluzione delle crisi bancarie. È stato illustrato il carattere di assoluta novità rispetto ai tradizionali strumenti conosciuti nel nostro sistema per la gestione della crisi e dell’insolvenza anche con riguardo alla sfera della tutela giurisdizionale. La prima applicazione anche se riferita a quattro banche italiane di dimensione contenuta, e dunque meno suscettibili di creare effetti sistemici, ha provocato significativi effetti nella percezione dei rischi del sistema bancario da parte dell’opinione pubblica e dei risparmiatori. È attualmente in corso un intenso dibattito tra autorità europee ed italiane, esponenti della dottrina ed operatori circa i principi cui l’applicazione delle nuo­ve regole deve ispirarsi. Per alcuni “uno strumento – il bail in – pensato per ridurre l’impatto di una crisi non deve creare le premesse per renderne una più facile”. [34]Nello stesso tempo si ribadisce che “non ci sono eccezioni al bail in, a seconda delle circostanze, le autorità possono decidere di applicarlo su strumenti diversi, ma coprire almeno l’8 % degli attivi” [35]. I principi del divieto degli aiuti di stato e dell’assorbimento delle perdite attraverso il bail in, che oggi sembrano inconciliabili dovranno necessariamente trovare, anche con il contributo che verrà dalla Corte di Giustizia Europea, una composizione. Imprescindibile sarà la messa a regime della Bank Union nei suoi tre pilastri: il Single Supervisory Mechanism (SSM), il Single Resolution Mechanism (SRM) ed il Single Resolution Mechanism (SRM). Il Meccanismo Unico di Supervisione vede agire in modo sempre più unitario la vigilanza della BCE e delle autorità nazionali. Questa è esercitata dalla BCE sulle banche significant (120 gruppi, di cui 13 italiani, che pur rappresentando solo il 3% delle banche attive dell’eurozona, detengono l’85 % degli attivi del sistema) e dalle autorità nazionali sulle altre 3.500 banche less significant, nell’ambito di linee guida uniformi stabilite dalla BCE, che all’occor­renza può avocare la [continua ..]


Note