Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

26/11/2019 - Dichiarazione infedele: danno all’Erario a prescindere dall’utilizzo del falso credito

argomento: News del mese - Diritto Tributario

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La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 20463 del 30 luglio 2019, ribaltando la decisione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, ha statuito che, qualora nella dichiarazione venga indicato un credito IVA non dovuto, anche se poi lo stesso non viene mai chiesto a rimborso né utilizzato in compensazione, scatta comunque la sanzione di cui all’art. 5, comma 4, d. Igs. n. 471/97, in quanto una tale condotta è di ostacolo all’attività di verifica. I Supremi Giudici, nel pronunciarsi, hanno rammentato che, in tema di violazioni dell’obbligo di dichiarazione annuale IVA, sebbene il secondo comma dell’art. 43 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 sia stato abrogato dall’art. 16 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, il suo contenuto è stato sostanzialmente trasferito nell’art. 5 comma 4 d.lgs. n. 471 del 1997, il quale, come già chiarito in altra occasione dagli stessi giudici di legittimità, trova applicazione tutte le volte in cui dalla dichiarazione presentata risulti un’imposta inferiore di oltre un decimo a quella dovuta, ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore di oltre un decimo a quella spettante, senza che occorra che in concreto la dichiarazione inesatta abbia determinato un’evasione dell’imposta ovvero il conseguimento di un rimborso indebito, ed indipendentemente dall’intenzione di frodare il fisco (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13502 del 27/07/2012). La ratio della norma è infatti non quella di proteggere l’interesse dell’Erario alla corretta percezione delle imposte doverosamente da corrispondersi, ma il diverso e autonomo interesse dell’Erario alla presentazione da parte del contribuente di dichiarazioni esatte e di contenuto veritiero, pena l’ingenerarsi di incertezze alla sua attività di controllo.