Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Le novità apportate dal Codice della crisi alla disciplina della responsabilità degli amministratori (di Maurizio Irrera, Professore Ordinario di Diritto Commerciale presso l’Università degli Studi di Torino)


L’intervento illustrata le novità introdotte dal Codice della crisi alla disciplina della responsabilità degli amministratori. In tale contesto, l’autore illustra le novità in materia di adeguatezza degli assetti, le sanzioni, i profili di responsabilità e la quantificazione del danno.

News from the crisis code to the regulation of directors’ liability

The paper illustrated the innovations introduced by the Crisis Code to the discipline of directors’liability. Within this context, the author illustrates the news regarding the adequacy of the structures, the sanctions, the liability profiles and the quantification of the damage.

Keywords: Crisis Code – liability – directors

SOMMARIO:

1. Introduzione. La “singhiozzante” entrata in vigore del Codice della crisi e le norme relative alla responsabilità degli amministratori - 2. Le novità in materia di assetti - 2.2. L’intestazione dell’obbligo di istituzione degli assetti - 2.3. Violazione dell’obbligo di istituzione di assetti adeguati: sanzioni preventive… - 2.4. Segue. E profili di responsabilità degli amministratori - 3. Le precisazioni introdotte dal Codice della crisi in merito alla responsabilità degli amministratori di s.r.l. - 4. Quantificazione del danno - NOTE


1. Introduzione. La “singhiozzante” entrata in vigore del Codice della crisi e le norme relative alla responsabilità degli amministratori

Come noto, l’entrata in vigore del Codice della crisi è stata più volte rinviata, anche a seguito delle disposizioni emergenziali in materia di contenimento del rischio di contagio da Covid-19. La definitiva entrata in vigore della nuova disciplina concorsuale, che già era stata differita dal 15 agosto 2020 al 1° settembre 2021, è stata ulteriormente differita dall’art. 1, d.l. n. 118/2021, il quale ha stabilito che il Codice entri in vigore il 16 maggio 2022, con l’eccezione delle norme sulle procedure di allerta e composizione assistita della crisi (di cui al Titolo II della Parte Prima), che entreranno in vigore il 31 dicembre 2023. Peraltro, le novità introdotte dal Codice della crisi in materia di responsabilità degli amministratori non riguardano direttamente le nuove procedure concorsuali, ma rientrano in quel pacchetto di disposizioni modificative del codice civile di cui all’art. 389, comma 2, Cod. crisi, già entrate in vigore nel marzo 2019. Esse, pertanto, costituiscono un insieme di norme con il quale gli operatori e gli interpreti sono tenuti a confrontarsi (non in prospettiva, ma) su un piano concreto. Tre, in particolare, sono le novità più rilevanti che riguardano gli obblighi e – conseguentemente – le responsabilità dell’organo amministrativo: la prima riguarda la generalizzazione dell’obbligo, per l’imprenditore collettivo, di munirsi di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati, con il correlativo dovere degli amministratori di istituire tali assetti; la seconda è un’op­portuna precisazione in merito alla responsabilità degli amministratori di s.r.l.; la terza novità, infine, consiste in un chiarimento legislativo che pone definitivamente termine a un annoso dibattito in merito ai criteri di quantificazione del danno liquidabile a seguito dell’accertamento di profili di responsabilità gestoria.


2. Le novità in materia di assetti

2.1. L’obbligo di munirsi di assetti adeguati Le novità in materia di assetti sono contenute agli artt. 375 e 377, d.lgs. n. 14/2019 s.m.i. (Codice della crisi), che hanno inciso sulle responsabilità gestorie delle società, esplicitando l’obbligo di munirsi di assetti adeguati e ponendo tale onere in capo agli amministratori. In particolare, l’art. 375 Cod. crisi ha modificato l’art. 2086 c.c., modificandone la rubrica [1] ed aggiungendo il secondo comma, in forza del quale: «L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale». Questa norma è collocata sistematicamente in un punto importante del codice civile, ossia il Capo I del Titolo II del Libro V, dedicato alla nozione di imprenditore, che al momento dell’emanazione del codice civile ha segnato storicamente la svolta e il passaggio dalla centralità del commerciante alla centralità dell’impresa in generale. Tuttavia, sino alla recente modifica del­l’art. 2086 c.c., le disposizioni di quel Capo erano norme, direi, assolutamente svuotate di ogni significato precettivo: vi erano alcuni richiami all’or­dina­mento corporativo che la costituzione repubblicana ha spazzato via e poco altro è rimasto, salve le nozioni di imprenditore e piccolo imprenditore e alcune norme programmatiche. Ebbene, con l’inserimento dell’obbligo di munirsi di assetti adeguati nel corpo dell’art. 2086 c.c. si è avuta una rivitalizzazione dell’intero Capo relativo all’imprenditore, che ora ospita una disposizione nevralgica in merito agli aspetti organizzativi dell’impresa. L’importanza di tale disposizione è testimoniata, fra l’altro, dal fatto che per la prima volta viene offerta al giurista una norma destinata a scandagliare e giudicare l’organizzazione di un’impresa. Nel sistema previgente, infatti, gli aspetti organizzativi erano demandati [continua ..]


2.2. L’intestazione dell’obbligo di istituzione degli assetti

L’art. 377, Cod. crisi, come modificato dal d.lgs. n. 147/2020 (Correttivo), si occupa di intestare in capo agli amministratori gli obblighi di istituzione degli assetti [5]. La norma, infatti, chiarisce ora in modo convincente che l’isti­tuzione degli assetti – da intendersi come cura e valutazione di adeguatezza dei medesimi – è in ogni caso di competenza esclusiva dell’organo amministrativo, ferme restando la responsabilità degli amministratori (o degli amministratori e dei soci, ciascuno secondo quanto di propria competenza, nelle società di persone e nelle s.r.l.) per il compimento delle operazioni necessarie per il perseguimento dell’oggetto sociale. Le ripartizioni delle competenze in relazione all’istituzione degli assetti (e alla vigilanza sugli stessi), peraltro, sono precisate ulteriormente nel codice civile: ai sensi dell’art. 2381, commi 3 e 5 e dell’art. 2403, comma 1, c.c. gli organi delegati «curano», il consiglio d’amministrazione «valuta» e il collegio sindacale «vigila» l’adeguatezza degli assetti. Anche alla luce di tali disposizioni, preesistenti all’emanazione del Codice della crisi, si riteneva comunemente che, pur non essendo (come ora) esplicitamente imposta dalla legge, la necessità di predisporre assetti adeguati discendesse comunque dall’obbligo generale di corretta amministrazione [6]. Obbligo che deve essere interpretato come formula di rinvio a modelli di condotta già consolidati dall’esperienza (ad esempio, il dovere di fornire una rappresentazione chiara, veritiera e corretta dei bilanci si traduce nel dover far sì che i criteri tecnici di valutazione consentano di raggiungere tale risultato). I principi e le regole di corretta amministrazione, inoltre, presentano numerosi punti di contatto con la «correttezza professionale» di cui all’art. 2598 c.c., da intendersi sia come espressione della morale imprenditoriale, sia come aderenza alle prassi, consuetudini e pratiche commerciali. Corretta amministrazione equivale, in sintesi, alla conformità delle scelte di gestione ai criteri di razionalità economica posti dalla scienza dell’economia aziendale ed alla ragionevolezza: gli amministratori sono tenuti a compiere scelte razionali e ragionevoli, se non anche ad adottare le soluzioni più efficaci.


2.3. Violazione dell’obbligo di istituzione di assetti adeguati: sanzioni preventive…

Se è certo che gli assetti di per sé hanno oggi una centralità assoluta nel sistema degli obblighi degli amministratori, discendendo peraltro direttamente dall’obbligo generale di corretta amministrazione, è altrettanto vero che non è così facile immaginare che ci sia un’immediata correlazione tra violazione degli obblighi concernenti gli assetti e responsabilità degli amministratori. Trattandosi, infatti, di un obbligo di carattere organizzativo, la sua violazione non necessariamente è suscettibile di cagionare alla società un danno risarcibile. Tuttavia, i soci non sono sprovvisti di tutela, giacché il mancato rispetto degli obblighi relativi agli assetti adeguati può costituire il presupposto di una serie di altri rimedi, che non sono i rimedi risarcitori dell’azione di responsabilità, ma operano più sul piano dei rapporti societari. E così, la violazione delle disposizioni in materia di assetti può condurre alla revoca per giusta causa degli amministratori (ove la violazione sia imputabile genericamente o specificamente – per mancata valutazione degli assetti – agli stessi) o per la revoca della delega all’organo delegato che sia venuto meno all’obbligo di curare gli assetti; alla convocazione dell’assemblea da parte del Collegio sindacale ex art. 2406 c.c., laddove l’omissione consista in «fatti censurabili di rilevante gravità»; ad una denuncia al Collegio sindacale ai sensi dell’art. 2408 c.c.; o, ancora, ad una denuncia al tribunale ex art. 2409 c.c. da parte dei soci che posseggano il quorum minimo di partecipazioni ivi previsto. Tale impianto sanzionatorio ha un carattere preventivo e non presuppone il verificarsi di un danno: dunque, si coniuga molto bene con il fatto che gli assetti costituiscono a un presidio avanzato rispetto al principale obbligo degli amministratori, ossia di amministrare correttamente la società.


2.4. Segue. E profili di responsabilità degli amministratori

Laddove dalla violazione degli obblighi relativi agli assetti derivi un danno si apre la porta sugli scenari complessi della responsabilità degli organi sociali, da valutarsi attraverso il filtro dei noti principi posti dalla Business Judgment Rule. In sintesi, tale regola di giudizio prevede che, nel giudicare ex post l’eventuale responsabilità degli amministratori occorra avere riguardo soprattutto al processo decisionale; sicché, ove la scelta d’impresa sia stata assunta non in conflitto di interessi, in buona fede e sulla base di processo razionale, avvalendosi di tutte le informazioni disponibili non vi è responsabilità dei gestori dell’impresa, pur in presenza di conseguenze pregiudizievoli in capo alla società [7]. In giurisprudenza, la Business Judgment Rule è stata sostanzialmente trasfusa in quell’orientamento, ormai consolidato, secondo cui: «in tema di responsabilità dell’amministratore di una società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata, l’insindacabilità nel merito delle sue scelte di gestione trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia ex ante, secondo i parametri della diligenza del mandatario, […] sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere» [8]. In altri termini, il giudice non può sindacare il merito della gestione, ma solo il metodo, in quanto l’obbligazione dell’amministratore è di mezzi e non di risultato. Ciò che è censurabile è la c.d. irrazionalità dell’atto gestorio, che si risolve in un vero e proprio «azzardo morale». Tuttavia, il criterio secondo cui le decisioni degli amministratori – per essere esenti da censure – devono conformarsi a criteri di prevedibilità delle conseguenze insoddisfacenti e pregiudizievoli ha sempre trovato difficoltà ad agganciarsi ad effettivi punti di riferimento. In tale contesto, l’obbligo di assetti adeguati, consentendo una verifica preventiva di efficienza ed efficacia delle scelte di gestione, può giocare un ruolo decisivo [continua ..]


3. Le precisazioni introdotte dal Codice della crisi in merito alla responsabilità degli amministratori di s.r.l.

In tale contesto legato all’accertamento della responsabilità degli amministratori – da valutarsi anche grazie al concreto funzionamento degli assetti – è intervenuto l’art. 378 Cod. crisi, il quale ha introdotto alcune significative novità in merito all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Il primo comma è dedicato all’azione di responsabilità nelle s.r.l. e prevede un’integrazione dell’art. 2476 c.c., finalizzata a consentire, entro determinate condizioni, l’esercizio dell’azione di responsabilità da parte dei creditori sociali [10]: La norma copre una lacuna che si era aperta con la riforma del Diritto societario (d.lgs. n. 6/2003) la quale, volendo evitare che l’azione di responsabilità delle s.r.l. fosse regolata in forza di mero rinvio alla disciplina prevista per le S.p.A., aveva introdotto un’azione ad hoc, regolata dall’art. 2476 c.c., che tuttavia nulla disponeva in merito alla responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori. Nel silenzio normativo, si erano formati due orientamenti contrapposti: secondo il primo, l’assenza di specifiche disposizioni sarebbe stato indice della volontà legislativa di precludere l’azione di responsabilità dei creditori nell’ambito della s.r.l.; secondo altro orientamento, invece, l’art. 2394 c.c. sarebbe stato applicabile analogicamente, consentendo l’azione dei creditori nei confronti degli amministratori che avessero violato l’integrità del patrimonio sociale [11]. L’intervento del Codice della crisi contribuisce a fare chiarezza, in primo luogo esplicitando che gli amministratori sono responsabili per la conservazione del patrimonio sociale; in secondo luogo, consentendo l’esercizio dell’a­zione di responsabilità dei creditori sociali nel caso in cui il patrimonio sociale sia insufficiente alla soddisfazione dei loro crediti; contestualmente, prevedendo che la rinuncia all’azione sociale non preclude l’esercizio dell’a­zione da parte dei creditori; infine, stabilendo che la transazione sull’azione sociale di responsabilità sia impugnabile dai creditori solo mediante azione revocatoria, ricorrendone i presupposti [12].


4. Quantificazione del danno

Sotto il profilo della quantificazione del danno, occorre prendere le mosse dal dato letterale dell’art. 378, comma 2, Cod. crisi. La norma dispone: «All’articolo 2486 del codice civile dopo il secondo comma è aggiunto il seguente: “Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.». Prima dell’intervento del Codice della crisi, la norma si limitava a prescrivere: i) che al verificarsi di una causa di scioglimento e sino alla nomina dei liquidatori, gli amministratori mantengano il potere di gestione ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale; ii) che in caso di violazioni di tale obbligo, gli amministratori siano personalmente e solidalmente responsabili per i danni arrecati a soci, creditori e terzi. Mancava – prima delle modifiche introdotte dall’art. 378, comma 2, Cod. crisi – un’indicazione in merito ai criteri di quantificazione del danno. In assenza di precisazioni normative, la giurisprudenza si era orientata nel senso di procedere mediante valutazione analitica delle singole voci di danno; oppure, laddove tale valutazione – come nella maggior parte delle ipotesi – non fosse concretamente possibile, mediante valutazione sintetica «equitativa» ex art. 1226 c.c., da condursi secondo due criteri alternativi: i) differenza fra attivo e passivo fallimentare, che fa coincidere il danno con la differenza fra l’attivo e il passivo accertati [continua ..]


NOTE