Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La responsabilità penale nella valutazione dei crediti nelle comunicazioni sociali (di Alessandra Rossi)


SOMMARIO:

1. Il falso valutativo quale modalità del falso in bilancio? - 2. Le diverse linee giurisprudenziali. La ‘risposta’ delle Sezioni Unite della Suprema Corte - 3. Le impostazioni dottrinali: irrilevanza versus rilevanza


1. Il falso valutativo quale modalità del falso in bilancio?

L’inserimento di un credito nel bilancio non può concretizzarsi che attraverso una valutazione, una valorizzazione dello stesso sulla base di quelle che sono le regole di corretta valutazione appunto. In riferimento alle valutazioni delle poste contabili nell’economia dei disposti sul falso in bilancio/false comunicazioni sociali da sempre si sono sviluppati e viepiù si sviluppano oggi interessanti e non univoche linee esegetiche. L’oggetto materiale del falso in bilancio del codice civile del 1942 – art. 2621, n. 1, c.c., applicato fino alla riforma del 2002 relativa agli illeciti penali e punitivi amministrativi societari codificati di cui al Titolo XI del Libro V del codice civile – era enucleato, per ciò che riguardava la condotta attiva di esposizione, nella formula fatti non rispondenti al vero. L’oggetto materiale del falso in bilancio post riforma del 2002 (artt. 2621 e 2622 c.c.) era enucleato, sempre per ciò che riguardava la condotta attiva di esposizione, nella formula fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni. L’oggetto materiale delle condotte delle riformate ipotesi ai sensi dei nuovi artt. 2621 e 2622 c.c., legge 27 maggio 2015, n. 69 è oggi indicato, ancora per ciò che riguarda la condotta attiva di esposizione, nella formula ‘fatti materiali rilevanti’ (aggettivo qualificante che, peraltro, in relazione alla condotta di esposizione non caratterizza i fatti materiali non rispondenti al vero nelle false comunicazioni in società quotate ed in quelle equiparate – art. 2622 c.c.): è stata pertanto espunta la locuzione “ancorché oggetto di valutazioni”. Da qui il quesito: il mancato mantenimento/trasferimento della formula di riferimento costituisce una eliminazione voluta dal legislatore nell’ottica di una rinuncia, nelle fattispecie del 2015, alla punibilità delle valutazioni di bilancio false, ovvero si tratta di eliminazione dettata dalla riconosciuta inutilità del richiamo espresso in quanto pacifica la rilevanza penale delle valutazioni consapevolmente irragionevoli (false, dunque), ingannatorie e così idonee ad indurre concretamente in errore i destinatari del documento, pertanto intese quali componenti del termine “fatti”?


2. Le diverse linee giurisprudenziali. La ‘risposta’ delle Sezioni Unite della Suprema Corte

Nella giurisprudenza di legittimità conferente del 2015/2016 si sono create le due opposte linee dell’irrilevanza versus la rilevanza penale del falso valutativo, con la decisione delle Sezioni Unite della Suprema Corte che si è infine pronunziata in senso affermativo. La sent. 16 giugno 2015, n. 33774 (dep. 30 luglio 2015) e la sent. 8 gennaio 2016, n. 6916 (dep. 22 febbraio 2016) avevano appunto optato per l’esclusione della rilevanza penale del falso valutativo, la sent. 12 novembre 2015, n. 890 (dep. 12 gennaio 2016) invece per la rilevanza penale, la sent. 8 luglio 2015, n. 37570 (dep. 16 settembre 2015) era apparsa ‘sfuggente’ al riguardo; successivamente, stante il contrasto, l’ord. 2 marzo 2016, n. 676 di rinvio della decisione alle Sezioni Unite ed il 31 marzo 2016 appunto la sottoscrizione di queste all’opzione punitiva. Non è inconferente subito portare all’attenzione, in un’ottica di presentazione dell’importanza dei casi concreti, come nel caso deciso da Cass. n. 890 compaia, tra l’altro, un’imputazione relativa all’iscrizione nel bilancio di una considerevole massa di crediti (nello specifico, pari al 62% del totale dei crediti) dei quali si era taciuta l’avvenuta scadenza, ben nota e consapevole era la sofferenza, confermata da successive svalutazioni e piena era la consapevolezza della impossibilità o dell’estrema difficoltà della riscossione e come, allo stesso modo, nel caso giudicato da Cass. n. 33774 agli imputati sia stato, tra il resto, contestato di avere iscritto all’attivo dello stato patrimoniale crediti verso società controllate, immobilizzazioni finanziarie e immateriali per cifre elevatissime nonostante un loro valore reale prossimo allo zero, come poi dimostrato dal fallimento dei debitori o dalle svalutazioni operate nei successivi bilanci. Nella (prima) sentenza n. 33774, pronunciata in riferimento alla fattispecie di bancarotta fraudolenta impropria societaria ‘da/su false comunicazioni sociali’ di cui all’art. 223, c.p.v. n. 1, l. fall., si assume che l’entrata in vigore della legge n. 69/2015, che ha riformulato gli artt. 2621 e 2622 c.c. eliminando l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”, ha determinato una parziale abolitio criminis. Nell’occasione la Corte di Cassazione ha affermato che: [continua ..]


3. Le impostazioni dottrinali: irrilevanza versus rilevanza
Fascicolo 2 - 2016