Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Alcune riflessioni sul piano attestato di risanamento (di Daniele Gasbarro)


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SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Lineamenti e presupposti dell’istituto - 3. Atto negoziale o unilaterale? - 4. Natura privatistica e azioni revocatorie - 5. L’ambito applicativo: le possibili cause della crisi finanziaria del­l’impresa - 6. La diagnosi della crisi finanziaria - 7. Gli interventi risanatori - 8. L’attestazione (condizionata) - 9. Conclusioni - Bibliografia - NOTE


1. Introduzione

La crisi economica originatasi negli Stati Uniti d’America nel 2008 e propagatasi a livello mondiale presenta quali caratteristichefondamentali la preponderanza della variabile finanziaria e la netta svalutazione di quella reale, sicché si è assistito ad una radicale riformulazione della funzione di produzione originariamente rappresentata nei Manuali economici. La generazione e la proliferazione incontrollata di talune tipologie di strumenti finanziari hanno cagionato l’esplosione di rischi non sempre controllabili e stimabili ex ante, la cui rapidità di diffusione e pervasività anche in settori apparentemente distanti da quello strettamente finanziario hanno investito conaccentuata virulenza anche l’economia europea in genere e quella mediterranea (tra cui l’Italia) in i­pecie. Il sistema economico-industriale domestico è notoriamente costituito da imprese non finanziarie di modeste dimensioni, concentrate nell’area centro-settentrionale del Paese: ciò non è bastevole per immunizzarsi dalle insidie dei rischi e delle perdite di origine finanziaria, a motivo della strettissima ed inscindibile connessione degli aspetti economici e monetari della gestione come una trama intessuta; del resto la separazione degli aspetti gestionali è meraconvenzione contabile, ma l’unitarietà dell’entità aziendale postula l’osserva­zione e l’analisi congiunta del dispiegarsi dei fenomeni d’impresa. Analogamente la psiche ed il corpo sono elementi inscindibili e costituenti l’essere u­mano, secondo una visione olistica che non permettel’innalzamento di barriere concettuali frutto di elaborazioni esemplificative. La dimensione internazionale dell’economia e l’accentuato ruolo svolto dalla finanza hanno pertanto cagionato l’accentuazione del rischio di per sé insito nell’attività d’impresa anche nel nostro Paese. I dissesti aziendali hanno colpito le aziende italiane [continua ..]


2. Lineamenti e presupposti dell’istituto

L’istituto del piano attestato di risanamento è stato introdotto nella novellata legge fall. con il d.l. 14 marzo 2004, n. 35 convertito con modificazioni nella legge 14 maggio 2005, n. 80 potendosi collocare nell’ambito delle soluzioni stragiudiziali di gestione della crisi d’impresa tracciando un solco nel diritto concorsuale, seguito anche dalla riforma postuma del 2012, in cui si staglia nitidamente il favor riconosciuto alla prosecuzione dell’attività d’impresa in luogo della dissoluzione del complesso aziendale. Più prosaicamente può scorgersi nella summenzionata legge anche il fine di non investire l’Autorità giudiziaria di crisi aziendali (o presunte tali) di peculiare tenuità, conferendo all’auto­nomia privata un margine di manovra evidentemente più ampio e pregnante rispetto alla disciplina previgente. L’omessa delimitazione dello spazio di operatività del piano attestato di risanamento induce a ritenere che possa essere attuato non solo nell’ambito di tensioni economico-finanziarie agli albori, ma anche estese in uno stadio più avanzato la cui linea di confine è la ricuperabilità dell’organismo produttivo e nell’assenza degli elementi tipizzanti lo stato di decozione irreversibile nel quale, evidentemente, irrompe la disciplina concorsuale con il dispiegarsi dei relativi effetti. Uno degli elementi peculiari dell’istituto in parola riposa nell’aderenza precipua all’aspetto finanziario della gestione, potendosi evidenziare un’area comune, coeva con l’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis legge fall. In punto di individuazione dei presupposti soggettivo ed oggettivo, il silenzio normativo induce l’interprete della norma di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), legge fall. ad uno sforzo interpretativo tutt’altro che trascurabile: il nitore della norma appalesa limiti evidenti, cui è auspicabile il Legislatore vi ponga rimedio posto che l’indeterminazione [continua ..]


3. Atto negoziale o unilaterale?

Il piano attestato di risanamento è meritevole di approfondimento anche sotto il profilo formale, essendo tema tutt’altro che degradabile adorpello o fronzolo accademico scevro di rilievo operativo; il silenzio normativo richiede evidentemente uno sforzo interpretativo senz’altro non banale. L’art. 67, com­ma 3, lett. d) è incardinato sulla predisposizione del piano e sulla conseguente attestazione, trascurando completamente la definizione (eventuale) della fase preliminare relativa alla delineazione dell’accordo tra il debitore proponente ed i creditoricoinvolti nell’accordo stesso. L’indeterminatezza normativa, pertanto, ben potrebbe ingenerare il dubbio che l’individuazione e l’im­plemen­ta­zi­ne degli interventi risanatori possano prescindere dall’accordo con i creditori involti, appalesandosi quindi quale atto unilaterale dell’imprenditore anche alla luce dell’etimologia del termine piano. Taluni perorano la tesi del­l’uni­la­teralità del piano aggrappandosi proprio alla natura etimologica del termine: ove il Legislatore avesse voluto imporre un accordo tra il proponente ed i creditori, avrebbe pacificamente fatto riferimento all’«accordo» e non già ad un generico «piano»; sulla scorta di questo filone interpretativo il debitore-pro­ponente è elevato a vero e proprio dominus potendo prescindere completamente dalla posizione soggettiva dei creditori. L’interpretazione ivi citata si ritiene debba escludersi, sulla scorta delle argomentazioni che seguono. La key question dovrebbe consistere non già nel­l’etimologia, bensì negli effetti estrinsecantisi dall’implementazione del piano, che sconfina inevitabilmente dall’alveo del soggetto proponente per investire anche la posizione soggettiva dei terzi [5]: questi – pur volendosi forzare l’inter­pretazione della norma fino al punto di qualificare [continua ..]


4. Natura privatistica e azioni revocatorie

Un aspetto apicale della trattazione è costituito dalla chiarificazione della natura privatistica dell’istituto del piano di risanamento attestato, che si colloca esternamente all’ambito perimetrale delle procedure concorsuali sulla scorta dello schema argomentativo testé delineato: (i) non si ravvisa nella disciplina di riferimento un provvedimento giudiziale di apertura e di un apparato organizzativo articolantesi verticisticamente;(ii) il principio ordinatorio nelle procedure concorsuali della par condicio creditorum, seppur depotenziato dall’ampliamento dell’area dei crediti prededucibili, è pacificamente estraneo all’istituto in esame; (iii) gli effetti scaturienti dall’esecuzione del piano attestato di risanamento investono solo ed esclusivamente i creditori aderenti alla proposta del debitore [9]. Sul punto giunge in soccorso anche il dettato normativo di cui al comma 1 dell’art. 1372 c.c. in base al quale «il contratto ha forza di legge tra le parti» che non lascia spazio alcuno a dubbi di sorta: glieffetti giuridici promananti dall’implementazione del piano di risanamento attestato investono solo i soggetti che vi hanno acconsentito, senzache i creditori estranei patiscano alcuna lesione patrimoniale soggettiva. L’argomentazione dimostrativa della genesi privatistica dell’istituto in esame si arricchisce di un ulteriore elemento, relativo all’esclusione della c.d. consecuzione tra il Piano ed il successivo (eventuale) fallimento, così come è da escludersi la prededucibilità dei crediti sorti in funzione o antecedentemente i tentativi esperiti dall’imprenditore per risolvere lo stato di crisi [10]. La disciplina del piano attestato di risanamento è ispirata evidentemente da principi civilistici, stante la natura privata dell’istituto, sicché la c.d. stagione [continua ..]


5. L’ambito applicativo: le possibili cause della crisi finanziaria del­l’impresa

La genesi della crisi d’impresa presenta caratteristiche multifattoriali che sovente investono tutti gli aspetti della gestione aziendale; in questa sede si cercherà di scrutare da diverse prospettive di osservazione le motivazioni della c.d. crisi finanziaria la cui rimozione avvienetramite il piano di risanamento attestato che costituisce, per l’appunto, uno degli strumenti elettivi a disposizione del management. La tipologia di crisi in esame si estrinseca nell’incapacità dell’impresa di generare un flusso finanziario positivo almeno pari alle corrispondenti uscite monetarie, con riferimento ad un certo orizzonte temporale la cui durata canonicamente corrisponde al periodo amministrativo. La condizione ivi enunciata tuttavia costituisce soltanto la manifestazione terminale di cause e disfunzioni latenti cheaggrediscono ed alterano i paradigmi degli equilibri aziendali, la cui fonte può individuarsi anche in fattori apparentemente estranei alladinamica finanziaria, ad esempio di natura strategica ed economica. Nel prosieguo si cercherà, pertanto, di tracciare i lineamenti essenziali dellepossibili origini della tipologia di crisi in esame secondo un approccio aziendalistico. La manifestazione della crisi finanziaria sarebbe riconducibile primariamente a cause di natura strategica con particolare riferimento allaproliferazione, sfuggente al controllo degli organi all’uopo preposti, dei relativi fattori di rischio: il declino e la successiva evoluzione nello stato di crisi deriverebbero dall’erosione e dalla scomparsa del c.d. vantaggio competitivo foriero di benefici esclusivi per l’impresa, consistenti nell’occupazione di quote di mercato tali da permettere l’ottenimento di flussi reddituali e finanziari positivi. Nel­l’ambito del rischio strategicoappare rilevante ai fini di questa analisi il grado di apertura [continua ..]


6. La diagnosi della crisi finanziaria

Il processo diagnostico della crisi d’impresa si avvale di strumenti indagatori tipici della scienza economico-aziendale precipuamente dinatura quantitativa, che perseguono l’obiettivo di indagare la sussistenza dell’equilibrio a­ziendale sotto il profilo della liquidità, della redditività e della solidità patrimoniale. La metodologia elettiva, ancorché non esclusiva di investigazione, è da ricondurre alla nota tecnica degli indici di bilancio calcolati tramite il rapporto tra determinate grandezze omogenee onde pervenire a risultati dotati di un certo grado di significatività ed attendibilità. L’ampiezza concettuale, la difficoltà intrinseca e l’insidia interpretativa che si annidano nella tecnica in parolapostulano una trattazione profonda, minuziosa e sistematica che, per ovvie ragioni di spazio, non può essere affrontata in questa sede. L’obiettivo pertanto può individuarsi nell’esplicazione di taluni highlights utili per cercare di diradare la coltre di nebbia che ammanta l’impiego di tecniche generalmente estranee ed ignote al corredo culturale e professionale degli operatori del diritto. Sul punto, tuttavia, giova rilevare come la tecnica aziendale dell’analisi di bilancio abbia fatto irruzione anche nel diritto della crisi d’impresa segnando un solare punto di contatto tra la disciplina aziendalistica ed il diritto concorsuale [23]. L’impiego consapevole e reazionale degli indici di bilancio presuppone l’at­tuazione del processo di riclassificazione dei prospetti contabili di stato patrimoniale e conto economico, sì da poter disporre di una base informativa funzionale e strumentale alla determinazione dei parametri individuati ex ante. La struttura degli schemi di stato patrimoniale e conto economico, rispettivamente di cui agli artt. 2424 e 2425 c.c.,denuncia limiti palesi in punto di analisi economico-finanziaria poiché adempie ad una funzione meramente [continua ..]


7. Gli interventi risanatori

Il contenuto del piano attestato di risanamento sfugge a qualsiasi tentativo temerario di tipizzazione – essendo il legislatore ben conscio dellaproblematicità dell’incasellare qualsivoglia intervento risanatore nell’ambito di schemi rigidi a motivo della poliedricità delle azioni da implementare – limitandosi a delineare l’obiettivo fondamentale consentendo, pertanto, all’interprete di disporre di un’ampia autonomia inpunto di declinazione operativa degli interventi correttivi delle patologie aziendali. Prima di addentrarsi nell’esplicazione degli interventi operativi, è opportuno chiarire taluni aspetti della base informativa aziendale, di natura contabile, quali fondamenta sulle quali erigere la struttura che ci si accinge a delineare: il piano non potrebbe essere presentato tramite un bilancio di liquidazione od un bilancio straordinario, perché si porrebbe in palese contrasto con il fine precipuo perseguito relativo, per l’appunto, alla preservazione della continuità a­ziendale. Si ritiene, pertanto, a rigor di logica, che il sostrato sia da individuarsi in una situazione patrimoniale ed economica aggiornata; con riferimento alla prima, potrebbe aderire anche al dato normativo di cui all’art. 2501-quater nell’ambito della fusione [29]. Per quanto attiene alla durata del business plan, questa è generalmente compresa in un intervallo temporale di tre o cinque anni: la proiezione su un arco di tempo maggiore avrebbe effetti corrosivi sulla validità delle assumptions, rendendole di difficile focalizzazione e prevedibilità, appalesandosi quali veri e propri atti di fede non sorretti da elementi logici rassicuranti. Infatti queste sarebbero minate da un’alea non più tollerabile e solo in taluni, rari casi l’obiettivo del risanamento potrebbe richiedere un periodo maggiore ma non superiore ai sette anni [30]. Sul tema del contenuto del [continua ..]


8. L’attestazione (condizionata)

In questa sede si cercherà di chiarire il tema della c.d. attestazione condizionata, non prima però di aver delineato i tratti basilari della relazione in parola con un saldo ancoraggio al dato normativo di riferimento. L’attestazione del piano attestato di risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d), legge fall., deve essere eseguita da un professionista inpossesso dei requisiti professionali e di indipedenza, a cagione della delicatezza dell’incarico sia con riferimento agl’interessi del ceto creditorio che sotto il profilo della responsabilità penale di cui all’art. 236-bis legge fall.: i riferimenti normativi precipui riposano, rispettivamente, nelle norme di cui all’art. 2399 c.c. e al­l’art. 28 legge fall. [52]. In punto di delineazione del contenuto dell’attesta­zione, in questa sede basti rammentare come il professionista incaricato debba accertare la veridicità dei dati aziendali e formulare un giudizioprognostico sull’at­tuabilità delle ipotesi prospettate ex ante. In tema di ricognizione dei dati aziendali v’è da fare una precisazione: la vaghezza della norma di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), legge fall. costringe l’interprete a prodigarsi in uno sforzo interpretativo non banale, dovendo appoggiarsi alle indicazioni fornite dalla dottrina economico-aziendale e dalla prassi professionale. È opinione diffusa che l’accertamento della veridicità dei dati aziendali non sia sovrapponibile tout court alla revisione legale dei conti essendo la prima diretta a verificare non solo la corretta e consapevole applicazione dei principi contabili di riferimento, ma anche l’effettiva esistenza delle attività e passività aziendali nonché la congruità del valore appostato nel bilancio di esercizio. Quanto alla pervasività delle verifiche in punto di accertamento della veridicità dei dati aziendali, si ritiene che debbano essere declinate in termini operativi in relazione all’adeguatezza del sistema amministrativo-contabile a fornire informazioni [continua ..]


9. Conclusioni

Il piano di risanamento attestato ex art. 67, comma 3, lett. d), legge fall. è evidentemente un istituto normativo particolarmente agile e duttile nel fronteggiamento e nella risoluzione di crisi aziendali di particolare tenuità, la cui genesi può essere pacificamente rinvenuta in tensioni finanziarie di breve periodo a cagione della discrasia temporale tra i flussi finanziari attivi e passivi. L’amplissima autonomianegoziale riconosciuta al debitore proponente è sen­z’altro un aspetto decisamente positivo: la gestione della crisi d’impresa seppur agli albori è rimessa alla negoziazione tra le parti involte, sì da poter ricercare la soluzione più idonea alla tutela del going concern – elemento caratterizzante la c.d. stagione delle riforme che ha investito il diritto della crisi d’im­presa da oltre due lustri – secondo tempi più compressirispetto alle alternative concorsuali ed in base a modalità in grado di assicurare al ceto creditorio una migliore tutela patrimoniale. L’ampio spazio perimetrale all’interno del quale ricercare una soluzione negoziata della crisi comprende senz’altro anche la facoltà concessa al debitore di omettere l’iscrizione del piano di risanamento attestato nella sezione del Registro delle imprese competente su base territoriale: la ratio della norma a parere dello scrivente si ritiene possa agevolmente individuarsi nella salvaguardia della reputazione della società rispetto ai terzi, considerata la tenuità della crisi; tuttavia, ove il debitore propenda per la pubblicità del piano beneficerebbe del favor tributario di cui al § 7. Il proponente dovrebbe valutare la (eventuale) convenienza all’iscrizione nel Registro delle imprese tramite un ragionamento in termini comparativi: evidentemente il beneficio reputazionale, in caso di omessa iscrizione, dovrebbe essere superiore al risparmio [continua ..]


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NOTE